Che spremendo l’uva si ottenesse una bevanda piacevole è una scoperta di qualche millennio di anni, ma è difficile definirne sia pur approssimativamente una data. Da alcuni scavi archeologici compiuti in Libano, Turchia e Siria, tracce di residui di acini dell’uva potrebbero essere datate già 8000 anni prima di Cristo. È comunque certo che una vinificazione primordiale già si praticava fin dai tempi preomerici. Le più recenti ricerche condotte nell’arcipelago greco farebbero risalire al III secolo a.C. l’inizio di una rudimentale preparazione del vino. Lo stesso può dirsi per l’Antico Egitto, come testimoniano i numerosi monumenti egizi con raffigurate scene di vinificazione.
Al lento evolversi della futura enologia hanno largamente contribuito i latini. Nel “Naturalis historia”, Plinio il Vecchio, parlando dei vini dell’impero romano, ne ritiene un centinaio di buona qualità e ottanta di pregio. Dal 500, con la diffusione della stampa, le opere riguardanti la coltura della vite ed il vino si moltiplicarono. È merito di un italiano, Adamo Fabbroni, nel 1787, d’aver enunciato una “teoria fisica della fermentazione vinosa” che apriva la strada alle conquiste del secolo XIX nel campo delle fermentazioni. Ma spetta al grande scienziato Pasteur l’aver gettato le basi dell’enologia moderna.
Accanto alle grandi industrie private si affiancano oggi quelle di carattere cooperativo, che consentono anche ai piccoli produttori di avvantaggiarsi della lavorazione di tipo industriale. Quello che è certo è che nel tempo il vino è stato completamente riconsiderato, e poco alla volta, ad una scelta quantitativa si è sostituita una progressiva ricerca della qualità, che porta sempre più ad una ricerca accurata della bottiglia, non più per giungere alle sensazioni dovute all’alcol, ma al più raffinato piacere del “degustare a tutto tondo”, osservando il colore, assaporando gli aromi, le sensazioni gustative che solo il Vino di buona o alta vinificazione sanno esaltare.
Oggi, In Italia, nonostante si sia puntato sulla qualità, si produce più vino di quanto effettivamente se ne consuma, di conseguenza i produttori stanno puntando molto sul mercato estero, anche al cospetto di un notevole aumento della concorrenza (caratterizzata principalmente dai paesi emergenti dell’emisfero sud), la cui quota degli scambi globali è salita al 30%.
Il mondo del vino italiano si trova oggi ad un bivio, dobbiamo adeguarci al mercato globale fatto di vini mediocri e di modesta qualità enologica o preferiamo impegnarci a rimanere sul tradizionale, curando sempre più i nostri vini, creando belle etichette, belle immagini e sempre più alte qualità, valorizzando le nostre origini, gli autoctoni e la nostra storia.
Per bere bene è per la seconda via, che non significa essere contro le barrique o contro le riserve, ma significa utilizzare nel giusto modo le tecnologie al fine di migliorare ed affinare un prodotto, renderlo più morbido, aggiungere le caratteristiche tipiche dei legni e non per coprire il vino e la nostra cultura.
Al lento evolversi della futura enologia hanno largamente contribuito i latini. Nel “Naturalis historia”, Plinio il Vecchio, parlando dei vini dell’impero romano, ne ritiene un centinaio di buona qualità e ottanta di pregio. Dal 500, con la diffusione della stampa, le opere riguardanti la coltura della vite ed il vino si moltiplicarono. È merito di un italiano, Adamo Fabbroni, nel 1787, d’aver enunciato una “teoria fisica della fermentazione vinosa” che apriva la strada alle conquiste del secolo XIX nel campo delle fermentazioni. Ma spetta al grande scienziato Pasteur l’aver gettato le basi dell’enologia moderna.
Accanto alle grandi industrie private si affiancano oggi quelle di carattere cooperativo, che consentono anche ai piccoli produttori di avvantaggiarsi della lavorazione di tipo industriale. Quello che è certo è che nel tempo il vino è stato completamente riconsiderato, e poco alla volta, ad una scelta quantitativa si è sostituita una progressiva ricerca della qualità, che porta sempre più ad una ricerca accurata della bottiglia, non più per giungere alle sensazioni dovute all’alcol, ma al più raffinato piacere del “degustare a tutto tondo”, osservando il colore, assaporando gli aromi, le sensazioni gustative che solo il Vino di buona o alta vinificazione sanno esaltare.
Oggi, In Italia, nonostante si sia puntato sulla qualità, si produce più vino di quanto effettivamente se ne consuma, di conseguenza i produttori stanno puntando molto sul mercato estero, anche al cospetto di un notevole aumento della concorrenza (caratterizzata principalmente dai paesi emergenti dell’emisfero sud), la cui quota degli scambi globali è salita al 30%.
Il mondo del vino italiano si trova oggi ad un bivio, dobbiamo adeguarci al mercato globale fatto di vini mediocri e di modesta qualità enologica o preferiamo impegnarci a rimanere sul tradizionale, curando sempre più i nostri vini, creando belle etichette, belle immagini e sempre più alte qualità, valorizzando le nostre origini, gli autoctoni e la nostra storia.
Per bere bene è per la seconda via, che non significa essere contro le barrique o contro le riserve, ma significa utilizzare nel giusto modo le tecnologie al fine di migliorare ed affinare un prodotto, renderlo più morbido, aggiungere le caratteristiche tipiche dei legni e non per coprire il vino e la nostra cultura.
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