giovedì 7 gennaio 2010

Il vino più invecchia più è buono !!!

.
Spesso si sente dire "il vino più invecchia più è buono" oppure "il vino fino a dieci anni migliora poi inizia il declino", in realtà le cose non stanno così.
Il vino, come ogni essere vivente, nasce e muore. La sua età la si può racchiudere in tre livelli di evoluzione:
al primo livello è immatuto, nuovo, novello, fresco;
al secondo livello è pronto, maturo, con un futuro davanti;
al terzo livello si presenta spento, stanco, vecchio, decrepito, maderizzato.
Nella nostra strada incontreremo vini di ognuno di questi livelli, ma potremo incontrare vini giovani che non saranno in grado di suscitarci alcuna emozione perchè già al terzo livello, come potremo incontrare vini evoluti, fini, complessi, che vorremo degustare anche negli anni successivi.
Concludendo: l'eta del vino è relativa e dipende da tanti fattori - il vitigno - la vinificazione - la tipologia di uva - il terroir - le condizioni climatiche - le diverse lavorazioni - e forse anche da un po di fortuna !!!

2 commenti:

  1. si,
    bisognerebbe in effetti scendere nei particolari del vino, ma sono comunque tutti due lunghissimi periodi se si pensa che stiamo parlando di alimenti e che mediamente altri cibi, hanno durate molto brevi, addirittura pochi giorni.

    Forse, sono "detti" nati proprio dagli uffici commerciali e di marketing dalle cantine, che nella recente storia enologica italiana, ha invecchiato molto, a mio avviso troppo in certi casi, copiando colpevolmente vini internazionali dando notevoli o troppe caratteristiche di legno spesso coprendo completamente il vino stesso e le proprie caratteristiche.

    Per un innamorato del vino italiano, con la storia, tradizione, complessità enologica pressoché infinita che senza merito ci ritroviamo oggi, è triste pensare che dobbiamo copiare qualcosa da qualcuno nato “ieri” e di scarso valore (enologiacamente parlando) se non fosse per qualche tecnico partito dall’Italia.

    Da questo, è rimasta, dopo le aperture delle frontiere e del globalismo, la difficoltà di vendere un vino simile ad un altro ma con un prezzo notevolmente più alto per il fatto che italiano anziché con costi ad esempio cileni; soprattutto se si pensa a Paesi dove il made in Italy non è così conosciuto.

    Ritengo invece, che dobbiamo impegnarci e rimanere sul tradizionale, curando sempre più i nostri vini, creando belle etichette, belle immagini e sempre più alte qualità, valorizzando le nostre origini, gli autoctoni e la nostra storia.
    Per questo, non sono contro alle riserve o alle barrique, anzi, ma devono servire per migliorare ed affinare un prodotto, renderlo più morbido, aggiungere le caratteristiche tipiche dei legni e non per coprire il vino e la nostra cultura.

    Sembra proprio che le cantine e gli enologi stiano capendo e tornando sui propri passi e per prendere poi questa via.
    Ho l’impressione che anche i consumatori apprezzino queste tendenze.

    Noi in azienda, stiamo avendo queste sensazioni, perché vedo un apprezzamento sempre maggiore sulle riserve così fatte; sia sul vino Teroldego riserva superiore Campo Maseri e sulla Grappa Riserva Triè che ha preso già 8 volte il premio come miglior riserva d’Italia dall’Anag e Best Gold http://www.villadevarda.com

    Solo il mio parere.

    Approfitto per invitarvi alla visita gratuita del museo del vino in Trentino: http://www.MuseoTrentino.it

    Mauro

    RispondiElimina